Mario Frongia

Mario Frongia

Giornalista - consigliere nazionale e comitato di presidenza Ussi

 

Concetto Vecchio, quirinalista di Repubblica, scava, annoda, mette assieme fatti, luoghi e persone per narrare una morte irrisolta

Mario Frongia

Si naviga in un’oscurità pungente, precisa. Condita da fatti, fonti, ricerche. Buon giornalismo, oggi per ieri e viceversa. Utile a scavare e riandare su GiacomoMatteotti e la sua uccisione. Uno dei primi ciak-si gira del regime fascista. Concetto Vecchio non cerca scorciatoie. Prende per mano con cura una delle menti più fervide e antagoniste. Narra una morte orribile e vigliacca. Fotografa il Polesine. Tra miserie e nebbia. Con un filo di mestizia che affonda nella notte dei tempi. E ci racconta l’omicidio “trauma”. L’avvio del Ventennio, tarantola che ingoia onore, bugie, dignità. “Io vi accuso - Giacomo Matteotti e noi”, non lascia scampo. Lo si legge veloci, 228 pagine, Utet, prima edizione polverizzata. Obbliga a prendere posizione. O di là, o di qua. Pochi margini per manovre demagogiche e comode ambiguità. Passato e presente, visti tempi ed esempi del potere attuale. L’autore conduce alla casa natale del socialista anomalo. Fratta, la famiglia, le scuole, il cimitero. Villamarzana, dove è stato sindaco. Pare quasi di sentire il rimestio delle posate e quell’aria spessa, gonfia di incognite e dubbi. Concetto Vecchio, quirinalista di Repubblica, indica luoghi e persone. Mette in fila testimonianze, carte, interventi parlamentari. Definisce slanci e perimetro dell’illuminato Matteotti. Che piace a Filippo Turati ma è scomodo a tanti. Nel rendergli complicata l’ascesa politica, storica e sociale, ci sarà anche il fuoco amico. “Si diverte a sfidare, e volere, l’impopolarità”. Tre anni di feroce servizio militare in Sicilia, la laurea in Giurisprudenza, i viaggi europei, le litigate in consiglio provinciale, il confino. Sono anche gli anni dell’amore per Velia Titta, toni intensi, quasi allenati al peggio. Le nozze a Roma in Campidoglio, i figli Giancarlo, MatteoIsabella, un’irrequietezza pulsante. Intorno, i vagiti, e qualcosa di più, del Duce e dei suoi. Concetto Vecchio leva il velo all’Italia che diventa dittatura, violenta e spavalda. Benito Mussolini è nato nel 1883, due anni prima di Matteotti. Il Paese è povero, frustrato, indeciso. Una distesa in cui curiosità e speculazione intellettuale del figlio di Gerolamo e Isabella, entrano a piedi uniti. Senza riserve. Le diseguaglianze, gli ultimi, i figli di un Dio minore, sono al centro del Matteotti politico, visionario e realista al tempo stesso.

La giustizia riparatrice. L’autore indaga, approfondisce con chi ne ha scritto e parlato. Ci sono le lettere di Giacomo e Velia, raccolte da Stefano Caretti. Cinema, Franco Nero con Florestano Vancini nel ‘72, e teatro, Paolo Grassi e Giorgio Strehler. Le parole, tra gli altri, di Giorgio Bocca e Leo Longanesi. La proposta di Liliana Segre per il centenario dalla morte e l’incontro di Vecchio con la nipote, Laura Matteotti. Cronaca pura e maledetta. Tutt’ora indigesta. Pedinamenti, minacce, angherie: per Velia è l’inferno. Amerigo Dumini e un drappello di sgherri sul Lungotevere uccidono Giacomo Matteotti. È il 10 giugno 1924. Ha 39 anni. Gli assassini parcheggiano la Lancia K nera al Viminale. “La storia siamo noi”, canta Francesco de Gregori. Quella narrata da Concetto Vecchio ha una frase cult: “Senza pace attende il giorno della giustizia riparatrice”. Nel 1950 prefetto e questore di Rovigo l’hanno cassata. Solo nel 2011 è stata aggiunta alla lapide in piazza a Fratta Polesine. Ricorda Giacomo Matteotti.

Che ha messo e mette paura.

 

Concetto Vecchio, quirinalista di Repubblica, scava, annoda, mette assieme fatti, luoghi e persone per narrare una morte irrisolta

Mario Frongia

Si naviga in un’oscurità pungente, precisa. Condita da fatti, fonti, ricerche. Buon giornalismo, oggi per ieri e viceversa. Utile a scavare e riandare su GiacomoMatteotti e la sua uccisione. Uno dei primi ciak-si gira del regime fascista. Concetto Vecchio non cerca scorciatoie. Prende per mano con cura una delle menti più fervide e antagoniste. Narra una morte orribile e vigliacca. Fotografa il Polesine. Tra miserie e nebbia. Con un filo di mestizia che affonda nella notte dei tempi. E ci racconta l’omicidio “trauma”. L’avvio del Ventennio, tarantola che ingoia onore, bugie, dignità. “Io vi accuso - Giacomo Matteotti e noi”, non lascia scampo. Lo si legge veloci, 228 pagine, Utet, prima edizione polverizzata. Obbliga a prendere posizione. O di là, o di qua. Pochi margini per manovre demagogiche e comode ambiguità. Passato e presente, visti tempi ed esempi del potere attuale. L’autore conduce alla casa natale del socialista anomalo. Fratta, la famiglia, le scuole, il cimitero. Villamarzana, dove è stato sindaco. Pare quasi di sentire il rimestio delle posate e quell’aria spessa, gonfia di incognite e dubbi. Concetto Vecchio, quirinalista di Repubblica, indica luoghi e persone. Mette in fila testimonianze, carte, interventi parlamentari. Definisce slanci e perimetro dell’illuminato Matteotti. Che piace a Filippo Turati ma è scomodo a tanti. Nel rendergli complicata l’ascesa politica, storica e sociale, ci sarà anche il fuoco amico. “Si diverte a sfidare, e volere, l’impopolarità”. Tre anni di feroce servizio militare in Sicilia, la laurea in Giurisprudenza, i viaggi europei, le litigate in consiglio provinciale, il confino. Sono anche gli anni dell’amore per Velia Titta, toni intensi, quasi allenati al peggio. Le nozze a Roma in Campidoglio, i figli Giancarlo, MatteoIsabella, un’irrequietezza pulsante. Intorno, i vagiti, e qualcosa di più, del Duce e dei suoi. Concetto Vecchio leva il velo all’Italia che diventa dittatura, violenta e spavalda. Benito Mussolini è nato nel 1883, due anni prima di Matteotti. Il Paese è povero, frustrato, indeciso. Una distesa in cui curiosità e speculazione intellettuale del figlio di Gerolamo e Isabella, entrano a piedi uniti. Senza riserve. Le diseguaglianze, gli ultimi, i figli di un Dio minore, sono al centro del Matteotti politico, visionario e realista al tempo stesso.

La giustizia riparatrice. L’autore indaga, approfondisce con chi ne ha scritto e parlato. Ci sono le lettere di Giacomo e Velia, raccolte da Stefano Caretti. Cinema, Franco Nero con Florestano Vancini nel ‘72, e teatro, Paolo Grassi e Giorgio Strehler. Le parole, tra gli altri, di Giorgio Bocca e Leo Longanesi. La proposta di Liliana Segre per il centenario dalla morte e l’incontro di Vecchio con la nipote, Laura Matteotti. Cronaca pura e maledetta. Tutt’ora indigesta. Pedinamenti, minacce, angherie: per Velia è l’inferno. Amerigo Dumini e un drappello di sgherri sul Lungotevere uccidono Giacomo Matteotti. È il 10 giugno 1924. Ha 39 anni. Gli assassini parcheggiano la Lancia K nera al Viminale. “La storia siamo noi”, canta Francesco de Gregori. Quella narrata da Concetto Vecchio ha una frase cult: “Senza pace attende il giorno della giustizia riparatrice”. Nel 1950 prefetto e questore di Rovigo l’hanno cassata. Solo nel 2011 è stata aggiunta alla lapide in piazza a Fratta Polesine. Ricorda Giacomo Matteotti.

Che ha messo e mette paura.

 

Concetto Vecchio, quirinalista di Repubblica, scava, annoda, mette assieme fatti, luoghi e persone per narrare una morte irrisolta

Mario Frongia

Si naviga in un’oscurità pungente, precisa. Condita da fatti, fonti, ricerche. Buon giornalismo, oggi per ieri e viceversa. Utile a scavare e riandare su GiacomoMatteotti e la sua uccisione. Uno dei primi ciak-si gira del regime fascista. Concetto Vecchio non cerca scorciatoie. Prende per mano con cura una delle menti più fervide e antagoniste. Narra una morte orribile e vigliacca. Fotografa il Polesine. Tra miserie e nebbia. Con un filo di mestizia che affonda nella notte dei tempi. E ci racconta l’omicidio “trauma”. L’avvio del Ventennio, tarantola che ingoia onore, bugie, dignità. “Io vi accuso - Giacomo Matteotti e noi”, non lascia scampo. Lo si legge veloci, 228 pagine, Utet, prima edizione polverizzata. Obbliga a prendere posizione. O di là, o di qua. Pochi margini per manovre demagogiche e comode ambiguità. Passato e presente, visti tempi ed esempi del potere attuale. L’autore conduce alla casa natale del socialista anomalo. Fratta, la famiglia, le scuole, il cimitero. Villamarzana, dove è stato sindaco. Pare quasi di sentire il rimestio delle posate e quell’aria spessa, gonfia di incognite e dubbi. Concetto Vecchio, quirinalista di Repubblica, indica luoghi e persone. Mette in fila testimonianze, carte, interventi parlamentari. Definisce slanci e perimetro dell’illuminato Matteotti. Che piace a Filippo Turati ma è scomodo a tanti. Nel rendergli complicata l’ascesa politica, storica e sociale, ci sarà anche il fuoco amico. “Si diverte a sfidare, e volere, l’impopolarità”. Tre anni di feroce servizio militare in Sicilia, la laurea in Giurisprudenza, i viaggi europei, le litigate in consiglio provinciale, il confino. Sono anche gli anni dell’amore per Velia Titta, toni intensi, quasi allenati al peggio. Le nozze a Roma in Campidoglio, i figli Giancarlo, MatteoIsabella, un’irrequietezza pulsante. Intorno, i vagiti, e qualcosa di più, del Duce e dei suoi. Concetto Vecchio leva il velo all’Italia che diventa dittatura, violenta e spavalda. Benito Mussolini è nato nel 1883, due anni prima di Matteotti. Il Paese è povero, frustrato, indeciso. Una distesa in cui curiosità e speculazione intellettuale del figlio di Gerolamo e Isabella, entrano a piedi uniti. Senza riserve. Le diseguaglianze, gli ultimi, i figli di un Dio minore, sono al centro del Matteotti politico, visionario e realista al tempo stesso.

La giustizia riparatrice. L’autore indaga, approfondisce con chi ne ha scritto e parlato. Ci sono le lettere di Giacomo e Velia, raccolte da Stefano Caretti. Cinema, Franco Nero con Florestano Vancini nel ‘72, e teatro, Paolo Grassi e Giorgio Strehler. Le parole, tra gli altri, di Giorgio Bocca e Leo Longanesi. La proposta di Liliana Segre per il centenario dalla morte e l’incontro di Vecchio con la nipote, Laura Matteotti. Cronaca pura e maledetta. Tutt’ora indigesta. Pedinamenti, minacce, angherie: per Velia è l’inferno. Amerigo Dumini e un drappello di sgherri sul Lungotevere uccidono Giacomo Matteotti. È il 10 giugno 1924. Ha 39 anni. Gli assassini parcheggiano la Lancia K nera al Viminale. “La storia siamo noi”, canta Francesco de Gregori. Quella narrata da Concetto Vecchio ha una frase cult: “Senza pace attende il giorno della giustizia riparatrice”. Nel 1950 prefetto e questore di Rovigo l’hanno cassata. Solo nel 2011 è stata aggiunta alla lapide in piazza a Fratta Polesine. Ricorda Giacomo Matteotti.

Che ha messo e mette paura.

 

Passivo esagerato ma la sostanza non cambia: in attesa delle altre pericolanti, domenica la squadra di Ranieri si gioca quasi tutto a Reggio Emilia con il Sassuolo 

Mario Frongia

Il Cagliari affonda al Meazza come nessuno si aspettava. Molle, passivo, raramente incisivo. Un film, con rare eccezioni,  quasi consueto in trasferta. Far bene, benino, alla Domus non può bastare. Il 5-1 del Milan penalizza eccessivamente Dossena e compagnia. Però, a ben guardare la sfida, opaca e senza emozioni, ha visto in campo un Milan appena più concreto, e con mezzi tecnici enormemente superiori, contro un avversario sgonfio e modesto anche per fame e spirito agonistico. Male. Toppare con questo risultato nella partita che ne vale tre, può avere risvolti pesanti. A san Siro, tempio del calcio, nei cento minuti da non sbagliare, si è sbagliato troppo. Adesso, testa al Sassuolo, domenica al Mapei Stadium alle 12.30.

Subito sotto. Claudio Ranieri sceglie Shomurodov e il rientrante Luvumbo per tenere in allerta Gabbia e Kalulu. Stefano Pioli, in tv con la faccia da funerale: già si parla del sostituto (Fonseca, Conte?), lascia in panca il poker Leao, Hernandez, Calabria e Tomori. Lo stadio è in silenzio, il Milan non vince da sei turni. Inutile sottolineare quanto pesino i 3 punti. Il Cagliari gioca con i cognomi delle mamme sulla maglia. Arbitra Sozza, Irrati e Chiffi al Var. Il primo squillo dei padroni di casa arriva dopo 7’ di possesso palla, destro di Florenzi, Scuffet non blocca.  Ranieri tiene i reparti stretti, il match potrebbe decidersi in mezzo. Il ritmo è blando. Mina trova il pane giusto, Giroud, e deve cambiare la maglia squarciata sul davanti.  Il Diavolo va troppo piano per impensierire la difesa rossoblù. Il Milan traccheggia, prende palla Luvumbo scappa ma l’assist per Shomurodov viene intercettata al limite dell’area. Sempre Luvumbo accelera, tiro centrale. Anche Musah arriva al tiro ma cincischia e perde l’attimo, deve ringraziare lo sciopero del tifo! La partita è da sbadigli. Nandez leva l’aria a Pulisic. Match inguardabile. Il Cagliari non si scopre, gioca a cinque dietro, pressa abbastanza bene.  Al 35’ il Milan passa. Segna Bennacer su azione innescata da Rejinders, proseguita da Pulisic, con prima parata di Scuffet in uscita su Chukwueze. L’1-0 non scatena la reazione rossoblù. Ranieri chiede pazienza e ragione. La risposta è blanda. Intanto, ci provano Florenzi e Bennacer. Il tempo si chiude con il Diavolo in controllo. Errori banali da una parte e dall’altra. I primi 45 minuti si chiudono con un’incursione di Prati, tiro debole, Sportiello blocca. La sintesi? Il Cagliari somiglia più a quello sonnolento, da approccio molliccio, poco combattivo, visto con il Genoa, che alla squadra che ha battuto l’Atalanta e pareggiato con Inter e Juve. Male, la classifica non permette passaggi a vuoto. E in trasferta si conferma un trend orribile, da retrocessione piena.  

La cinquina. Ranieri tiene in campo Luvumbo, che lamenta fastidi muscolari. Sarebbe meglio preservarlo, vista la prossima con il Sassuolo a Reggio Emilia. Tant’è.  Pioli inserisce Leao (che dopo 4’ colpisce la traversa con Nandez che lo guarda), Okafor, Theo Hernandez e Tomori. Nandez costruisce, Shomurodov conclude, Sportiello para: tutto fermo, l’uruguaiano era in off side. Ancora Prati impegna Sportiello. Il Cagliari ci prova. Ma il Milan raddoppia con Pulisic su strappo di Leao, con Sulemana debole nel primo contrasto. Risponde Deiola, su punizione, e Shomurodov: Sportiello c’è. Ma nulla può, al 19’, su Nandez, con Musah imbambolato. che spizza di destro il traversone di Zappa: 1-2, partita riaperta. La partita si accende, Mina prende un giallo, Nandez si becca con Leao, Reijnders segna il 3-1, stecca da 25 metri, Scuffet non ci arriva. Ranieri cambia. Ci sono Azzi, Oristanio, Lapadula. Oristanio impegna Sportiello da corner, deviazione sul palo. Sulla ribattuta Shomurodov colpisce la trasversa. Un minuto e il 64esimo gol subito dal Cagliari in stagione lo segna Leao, cinquanta metri palla al piede, Scuffet dribblato e appoggio in rete: 4-1. Il 65esimo lo segna Pulisic, con tentativo di salvataggio di Mina. Il 5-1 descrive male una prestazione di certo insufficiente. Notte da incubo.

Venerdì, 10 Maggio 2024 16:58

Test Milan delicato per il Cagliari

Claudio Ranieri: “A San Siro non sarà decisiva, l’ultima con la Fiorentina sì. Ma pensiamo una gara per volta. Tre mesi fa avrei messo la firma per questa classifica”

Mario Frongia

 Vigilia carica di suspense, voglia di capire quale Cagliari possa impensierire il Milan. Intanto, a tre turni dalla fine, sarebbe un errore dare il Diavolo per arreso, pur con la tifoseria in fermento, i problemi societari, Pioli in bilico. Il tecnico, per capirci, in conferenza taglia corto: “Vogliamo vincere per il secondo posto e per i tifosi”. Ad addolcire il tutto “Ranieri è uno dei miei maestri”. Nulla di nuovo, a ben vedere. Ma la gara di San Siro - domani, sabato, alle 20.45 - è un bel bivio. Il Cagliari con il punticino post Lecce è passato da +4 a +3 dal terzultimo posto. Ma tra scontri diretti e direttissimi, stanno peggio e di molto Sassuolo, Udinese, Frosinone ed Empoli. Basterà aspettare per tenere i due piedi in A? Neanche per sogno. A San Siro servirà compatezza, fame di punti e pallone, acqua alla gola. Più un filo di coraggo. E ci si dovrà allenare mentalmente anche per la successiva trasferta di Reggio Emilia con il Sassuolo. Ecco, questo di guardare in casa d’altri è uno dei pericoli da scansare. Testa a Calabria (recuperato) e soci senza alcuna esitazione. “Sappiamo che ci giochiamo la serie A. Abbiamo tre partite difficili ma siamo pronti” l’asciutta cartolina da Asseminello di Claudio Ranieri. Il tecnico dovrà rinunciare a Viola, Jankto, Mancosu e forse, a Makoumbou. Fuori per squalifica Augello e Gaetano, ci saranno Petagna, Shomurodov, Pavoletti e Lapadula: “Non sono al meglio ma averli è una buona cosa. Mina? Sta come sempre, si è allenato con solo una volta. Penso solo a schierare  gli undici migliori giocatori che ho in questo momento. Quelli che mi possono far fare bella figura”. Sull’aspetto psicologico poche storie“I ragazzi stanno bene. Tre mesi fa avremmo firmato per avere questa classifica, sopra le pericolanti”.

.Il Milan e il resto. “Affrontiamo una grande squadra, poco condizionata da critiche o fattori esterni. Ha tanti campioni che possono può risolvere la gara in qualsiasi momento, dovremo fare una partita eccelsa”. Sir Claudio tira un sospiro. E spiega: “Turno decisivo per la salvezza? No, lo sarà semmai l’ultimo. Spero che la Lega ci faccia giocare tutti allo stesso orario. E non come succede per questa giornata”. Si ripassa dal Milan. “Sarà una gara complicata, segnano tanto e sono bravi su azioni da calcio d’angolo. Dovremo stare molto vigili” rimarca l’allenatore rossoblù. Vigili e pronti a tutto. In una bagarre che dai 29 punti del Sassuolo, con la Salernitana già retrocessa, ai 37 del Lecce, quasi salvo, ballano Verona (34), Cagliari (33), Frosinone ed Empoli (32), Udinese (30). Con gli emiliani di Ballardini a chiudere il girone infernale.  Dita incrociate.

Il pari con il Lecce. “Undici contro undici stavamo facendo una grande gara. Abbiamo l’amaro in bocca perché contro il Lecce abbiamo anche rischiato di perdere ma ci ha salvato il carattere, quello che ci ha permesso di salire dalla B. La squadra ha senso di abnegazione e una preparazione psico-fisica importante. E adesso, la testa conta tanto”. Difficile spiegare per ché il Cagliari in vantaggio abbia sciupato troppe chance. “Non lo so, anche perché ci è capitato di essere stati sotto e abbiamo rimontato o vinto. In A le partite sono aperte fino all’ultimo, nei quindici minuti finali ci sono più cambi di scenario. Di certo voglio andare in vantaggio, poi Dio vedrà e provvederà”. Si passa all’attualità. “La Fiorentina in finale di Confederation cup? Tifo per tutte le italiane e sono felice per loro. Adesso, penso al Milan, potremo dire se è in difficoltà solo alla fine della partita. Non si possono fare previsioni visto il loro parco giocatori. Noi dobbiamo fare tatticamente bene, aiutarci ed essere determinati”. L’auspicio è scontato: “Spero di fare una gara come con Atalanta, Juventus e Inter”. Il Sassuolo è lontano. Ma il dente batte anche lì: “Penso partita dopo partita, ora c’è il Milan. Sappiamo come gioca e le loro qualità. Poi, il risultato che viene è anche figlio di vari episodi”.

Domenica, 05 Maggio 2024 14:36

Cagliari, pareggio in dieci

 

In vantaggio ma con l'uomo in meno per un tempo, i rossoblù reggono all'assedio del Lecce. Due pali ospiti e tanta volontà. Ma la salvezza è tutta da blindare  

Mario Frongia

Cagliari-Lecce si chiude con un tempo su una sola metà campo, quella di Mina e soci. Ma alla fine il punto è prezioso più di quanto non sembri. Il Lecce gioca in superiorità numerica, colpisce due pali, ma non sfonda. Il Cagliari stringe i denti, incerottato, orgoglioso. Nella migliore tradizione ranieriana controbatte e prova a ripartire in contropiede. In attesa degli altri scontri diretti, con la trasferta di sabato a San Siro con il Milan, si issa a quota 33. Un punticino che vale tanto.

Partenza a mille. Il tentativo di sforbiciata di Lapadula è il primo squillo del Cagliari. il cross di Luvumbo è perfetto, il centravanti non trova la palla. Claudio Ranieri si è messo a quattro, ha recuperato Dossena e Mina, piazzato Zappa e Augello ai lati. In mezzo riecco Makoumbou e Deiola, falso tridente con Nandez, Gaetano e il bomber della B. Sugli ultimi cinque l'incognita della condizione. Ma il tecnico della promozione non ha vie d'uscita: la vittoria del Sassuolo sull'Inter ha complicato i piani delle pericolanti. E ha sollevato la soglia salvezza più sui 37 che sui 35 punti. Ma è inutile fare calcoli. Con i pugliesi si deve vincere. La partita sui apre con un Cagliari sul pezzo. Pian piano il Lecce prende la manovra. Ma sono i rossoblù a passare in vantaggio. tira Deiola, deviazione palla in rete. Ma dal Var (Abisso e Piccinini) segnalano il tocco di mano del mediano di Decimomannu. L'arbitro Marcenaro annulla. La squadra di Luca Gotti tiene palla ma non punge. Squadre bloccate per non suggerire il contropiede avversario. Poi, ci pensa Mina, piattone a pochi passi dalla linea di porta su tiro di Gaetano. Al 26' l'1-0 scalda i sedicimila, tra questi cinquecento tifosi leccesi. Le tifoserie si sono ritrovate d'accordo nello sbeffeggiare il Bari. La reazione degli ospiti, che protestano per un fallo dentro-fuori l'area di rigore, è blanda. Scuffet non soffre. Il Cagliari allarga il gioco, manca la finalizzazione e non è una notizia. A proposito, i salentini hanno dietro Baschirotto. aveva ragione Ranieri a chiederlo. Ma il patron ha preso gli "internazionali" Hatzidiakos e Wieteska! A 2' dalla fine rossoblù in dieci: Marcenaro caccia Gaetano, chiamato dal Var, entrata con piede a martello su Ramadani. Prima giallo, lo becca anche Ranieri per proteste, poi rosso. La partita cambia pelle. Espulso dalla panchina anche Pascale, collaboratore tecnico. Lecce sotto con l'uomo in più, il 58 di possesso palla, supremazie nei passaggi (148 a 92), nei corner (3-2). Cagliari con due tiri, ospiti zero.

Pareggio difeso con le unghie. Si riparte con Wieteska e Sulemana per Lapadula e Zappa. Gotti richiama Piccoli, ammonito, per Sansone. Il Lecce parte spedito ma impreciso. La partita si trasforma in un assedio dei leccesi. Si gioca nella metacampo del Cagliari ma quando parte Luvumbo, al 4' tocco sospetto in area di Pongracic,  gli ospiti tremano. Marcenaro sventola cartellini, Ramadani e Sansone. Ci prova Dossena di testa, Falcone blocca. Gotti leva Dorgu e inserisce Pierotti. Krstovic sbaglia il controllo a tu per tu con Scuffet. La Maginot rossoblù regge. Oudin sfiora il palo al volo. Giallo per Scuffet, che al 20' para due passi incornata di Pierotti. La cronaca è da battaglia. Come quella di Nandez, tra i migliori, con Gallo. Ranieri inserisce Shomurodov per Luvumbo. Scelta discutibile a meno che Zito non l'abbia chiesta. Con l'uomo in meno potrebbe andare peggio. Entrano Almqvist e Rafia per Ramadani e Oudin. Giallo per Baschirotto e Nandez. Il rodeo prosegue. Dossena e Mina vanno giù per i crampi, facile intuire un recupero extralarge. Entra Azzi per Augello. Giallo per Deiola. Al 39' la pareggia Krstovic, solita manovra avvolgente, da un lato all'altro, cross teso di Almqvist: 1-1. A seguire, corner, doppio  palo di Baschirotto e Sansone con Scuffet battuto. Il portiere si supera subito dopo su Almqvist. Marcenaro concede 6' di recupero. Il Cagliari stringe i denti. Finisce in pareggio. Testa al Milan.    

Sabato, 04 Maggio 2024 09:00

Cagliari-Lecce, vietato sbagliare

Claudio Ranieri predica un filo di ottimismo e spera di recuperare Dossena e Mina. Il 3-0 a Genova va archiviato in fretta: domani con i salentini i punti pesano triplo

Mario Frongia

La batosta di Genova, comunque la si rigiri, ha lasciato il segno. E  a poche ore dal Lecce, domani all’ora degli spaghetti, Claudio Ranieri prova un dribbling che sarebbe complicato anche per Messi o Mbappè. “Chiunque giochi darà il massimo. Cosa ho detto ai ragazzi? Quel che dico a voi: ci sta perdere, ora si deve reagire”. Gli alibi non piacciono ma sono stati reali. Aver perso in un colpo solo Mina e Dossena, oltre a Makoumbou, Viola, Jankto, con Nandez a mezzo servizio, e i soliti Pavoletti, Mancosu, più Luvumbo bloccato dal giudice sportivo, ha riportato il Cagliari a due mesi fa. E alle 27 partite tra le ultime tre della A, con uno tra i peggiori cinque attacchi e una difesa tra le ultime tre. Ecco perché il 3-0 di Thorsby e soci ha fatto male e va disinfettato al meglio. Contro la squadra di Gilardino, neopromossa come i rossoblu e salva da cinque turni, la coppia dei centrali “internazionali”, come li ha definiti il patron rossoblù scaricandone la scelta su Ranieri nel dopo Lazio - come se uno che ha allenato John Terry, Mexes, Desailly, Cordoba, Chiellini o Firicano non riconosca uno stopper serio da un bidone! -, hanno confermato una qualità davvero modesta. Lo stesso dicasi dal resto degli undici, da subito in balia della formazione ligure. Ma la musica non cambia. La sensazione è che sir Claudio salvi la squadra e se ne lasci altre due dietro. A patto di non toppare con il Lecce: “Al 90 per cento hanno la serie A in tasca, sono primi per duelli individuali vinti. Sarà una gara molto combattuta e difficile”. IL tutto, senza pensare alle condizioni da funerale del Sassuolo. Con Empoli, Verona, Udinese Frosinone che non mollano, tutto può accadere.

Cagliari-Lecce ha almeno due letture. La prima, determinante, riguarda l’obbligo di vincere e di tenere i pugliesi in corsa: la prossima, ospitano l’Udinese. E non potranno scansarsi. La seconda, passa dal senso di riscossa e di ripartenza, ormai tipico in casa. Un “vento” dovuto a tifoseria e tecnico. Si ripassa da Marassi. “Errori? L’allenatore più bravo è quello che sbaglia meno. Anch’io ne ho commesso. È stata una doccia gelata, il Genoa ci ha mangiato. Forse, dopo tre partite importanti, ci voleva". Si ritorna al Lecce. “Sarà simile a quella del giorno di Pasquetta col Verona, giocano con le due punte e si muovono molto. La difesa a quattro è una soluzione. Ma non l’unica possibile”. In casa Cagliari l’atmosfera è pesante. “Sarà una partita difficilissima, combattuta su tutti i palloni e in ogni centimetro. Il pubblico ci deve dare quello che ha sempre dato: spingere, voglia di lottare per vincere, saper pazientare perché nulla sarà facile”. La temperatura sale. “Non è una questione di pressione, sono gli avversari che giocano molto determinati. Il Lecce con Gotti, che usa il 4-4-2, ha ritrovato tranquillità”. Tra i papabili dal via Makoumbou e Sulemana: “Dovrebbero esserci”. Infine, il consueto mantra: “Dobbiamo pazientare. Ci dovremo conquistare il risultato metro su metro in campo. La salvezza? Per me vorrebbe dire che nei cinque campionati di Cagliari sono riuscito a fare bene. È la cosa più importante, come l’aver riportato tanta gente allo stadio. Sono contento quando vedo la vedo contenta“.

Pentola e coperchio. In vista del Lecce, in conferenza stampa sir Claudio ha giocato al gatto con il topo. “Vedo meglio Oristanio e Dossena, e anche Nandez, nonostante l’influenza”. E Mina? “Ancora non lo vedo: è mancato a Monza e a Genova. E abbiamo perso, per noi è imprescindibile”. Spazio anche ai lungodegenti: “Ho rivisto in campo anche Pavoletti e Mancosu: ha cominciato a correre”. Bollettino medico incoraggiante per Lapadula (“Sta sempre meglio” e Petagna (“Ha fatto un ottimo allenamento”). Di certo, la cerniera anti Retegui e Gudmunsson con l’esperimento quasi “costretto” formato da Hatzidiakos, Di Pardo, Wieteska, Obert, Augello, Deiola e Prati - anche con i subentri di Azzi e Zappa - è andata da subito a fondo. La qualità tecnica è quella che è. E lo si sa da due anni. Poi, con i centrali stranieri la media, se possibile, si è addirittura abbassata. “Più giocatori posso avere, sbaglio ma magari sbaglio poco, perché vedo la partita e se ho la possibilità di cambiare, cambio. Quando non stanno bene si notano di più le discrepanze di squadra e allenatore”. Sul centrocampo di Genova, poche storie: “Ho tirato su la rete e vedere quel che c’era. Sono state scelte tecniche e fisiche, un mix per non affaticare chi non stava tanto bene. Poi, è stato male Oristanio, avrei tenuto a riposo Nandez, aveva la febbre”. Ed ecco la battuta: “I problemi della pentola li sa il coperchio, io faccio uscire meno cose possibile perché non mi piace avvantaggiare gli avversari. Poi, magari mi criticate, fa parte del mio lavoro. Ma ho le spalle belle larghe”. Sul valore della salvezza: “La salvezza per me vorrebbe dire che nei cinque campionati di Cagliari sono riuscito a far bene. E questa per me è la cosa più importante, insieme al fatto di aver riportato tanta gente allo stadio. Mi auguro sempre che i nostri tifosi siano orgogliosi della loro squadra, io sono contento quando vedo i tifosi contenti. L’allenatore bravo è quello che sbaglia di meno, ho le mie colpe, faccio i miei errori come tutti ma spero di farne sempre di meno perché è è quel che conta adesso”.

Lunedì, 29 Aprile 2024 22:48

Cagliari, flop a Marassi

Il Genoa inchioda 3-0 i rossoblù, molli e abulici per un’ora. La tattica attendista non paga, prova opaca che costa un punto in meno dalla zona salvezza. "Complimentiamoci con loro, a noi è riuscito poco. La salvezza? Servono 36, 37 punti" dice Ranieri   

Mario Frongia

 Un 3-0 pesante. Il Genoa demolisce un Cagliari opaco, impreciso, convinto di poterla gestire. Ma la squadra di Gilardino, salva da neopromossa con cinque turni d'anticipo, non è in vena di regali. Dei rossoblù applauditi con Atalanta, Inter e Juve si vede poco. I punti di vantaggio sul terzultimo posto passano da 4 a 3. Nulla di eccezionale: Claudio Ranieri, nonostante una rosa raffazzonata, salverà il club. Ma l’approccio mentale non regala ottimismo in vista del Lecce. Dai primi undici di Marassi, pare di capire che la testa del tecnico sia già sul match di domenica, alle 12.30 alla Domus. Esperto, attento ai dettagli del suo gruppo, il tecnico ha presentato un undici da trincea. Ma i singoli sono stati bocciati troppo spesso dal campo. Persi alla vigilia Mina, Dossena e Viola, oltre a Pavoletti, Mancosu, Jankto e Lapadula (acciaccati), Luvumbo squalificato, con in saccoccia 6 punti nelle ultime quattro gare, la sfida di Marassi ha un grave errore in avvio. Il Genoa è salvo. Ma il Ferraris è sold out e la tifoseria non accetta che Retegui e soci si scansino. Tenuto conto di come siano favorevolmente andati gli incontri delle altre coinvolte nella  corsa salvezza, il discorso potrebbe stare in piedi. Poi, c’è il Genoa. Che gioca a calcio e massacra gli ospiti. "Non siamo riusciti a mettere in gioco la nostra aggressività. Sono stati bravi, gli è riuscito tutto, a noi no. Mina? Ci è mancato, assieme a Dossena. Abbiamo fatto quel che abbiamo potuto, non molto onestamente. "La quota salvezza? Difficile dire quanti punti, credo - ha detto l'allenatore di Testaccio - ne servano 36, 37. Ma dobbiamo stare svegli, ci aspetta il Lecce. Andiamo avanti passo dopo passo". 

Inesistenti dietro e in mezzo. Si parte con i difensori “internazionali”, astutamente declamati dal presidente. Ma mostrano difficoltà a stoppare il pallone; da un corner regalato nasce con De Winter la prima vera occasione del Genoa, Delude anche il resto del comparto, che pare inadatto alla serie A, Di Pardo e Obert non regalano emozioni. Anche Augello e Deiola paiono confusi. Sensazioni almeno normali da Gaetano, Prati e Oristanio. Primo quarto d’ora di nulla, con il Genoa che gestisce, corricchia e mette su il 72 per cento di possesso palla. Al 17’ l’1-0: Thorsby beffa Hatzidiakos e insacca di testa su cross di Sabelli. Gilardino scuote i suoi. Ranieri? Una sfinge. I padroni di casa alzano i giri. Il Cagliari mette il bus di fronte alla porta di Scuffet. Ma non basta. Al 28’. Al termine di un’azione corale, fatta di tecnica e pazienza, Frendrup firma il 2-0 con un piattone al sette. La difesa? Di cartongesso. La squadra riparte poco e male, è fragile, per nulla compatta, rimbalza nel fare pressing su un Genoa che non dà riferimenti. In mezzo si balla. Oristanio sale un tantino, ma pare destinato a rientrare all’Inter. Shomurodov è molle. Badelj, viceversa, pare Iniesta. Del primo tempo con la Juve, del pari con l'Inter o della vittoria con l’Atalanta, come spirito di gruppo e veemenza, non c’è traccia. Ranieri passa al 4-4-2. Deiola la spizza di testa, a lato. Tè per tutti.

Rivoluzione che non basta. Fuori Hatzidiakos, Oristanio e Di Pardo, dentro Lapadula, Nandez e Zappa. Ranieri ha fiutato il pericolo: da rinunciatari e attendisti è facile perdere. La ripresa si apre con un piglio diverso. Ma dura poco. Il Genoa sfiora il 3-0 Con Thorsby, bravo Scuffet, e De Winter. La rete arriva su azione manovrata, con pallone recuperato, conclusa da Gudmunsson, palo, rete. Pare tardi per giocarsela a viso aperto. Il Cagliari ci prova con Shomurodov, rilevato da Azzi al 27’, e Obert. Proprio Azzi ha l’occasione per accorciare ma la palla va sul fondo. È rabbia e orgoglio più che manovra, gestione pulita della palla, idee di gioco. Ma se si è rimasti per 27 giornate tra le ultime tre in classifica, la sintesi di Marassi non può essere una notizia. La ragnatela dei liguri affoga i tentativi di Nandez e compagni. Ranieri inserisce Mutandwa (terzo gettone in A) per Augello, ammonito. Il Genoa riparte, Vitinha spara alto dal limite. Dionisi fischia tre volte.       

Notarelle

Resettare. Il Cagliari non perdeva dal 16 marzo, 1-0 a Monza. Con 8 punti conquistati in sedici trasferte e terzo peggior attacco del torneo, la sconfitta - assenti o meno - non può essere un caso. Adesso, si deve resettare a fondo. Con il Lecce ("Sono quasi salvi, noi siamo stati otto mesi sottacqua, abbiamo sollevato la testa ma dobbiamo fare punti" ha detto Ranieri) le scorie non sono ammesse.     

Tino Demuro, già assessore negli anni '90, famiglia imprenditoriale leader in Gallura, patron di Sardares e Vigne Surrau, chiede rapidità e visione: "I segnali che provengono dai mercati sono chiari, politica e amministrazione pubblica devono fare in fretta"

Mario Frongia

Il recente ViniItaly ne ha riconfermato potenzialità, intuito, strategie vitivinicole e commerciali vincenti nei cinque continenti. Ma, soprattutto, la forza di quel genere di nettari prelibati,  frutto di una tradizione e di un garbo sul territorio e sulle metodiche di vinificazione. Frequenze che fanno la differenza. Vigne Surrau accelera. Da Verona, tra premi, riconoscimenti e punteggi da prima della classe in un panorama isolano e continentale sempre più agguerrito, porta a casa applausi e consenso per il Cannonau di Sardegna doc riserva Pentima 2021, seguito dai superbi vermentini di Gallura docg superiore Sciala 2023 e docg Branu 2023. Un tripudio. Che comprende anche il fiore dei bianchi della casa, il Vermentino di Gallura docg Montidimola 2022. Insomma, ci sarebbe da brindare a lungo. E Tino Demuro, patron delle cantine di Arzachena, l'ha anche fatto. Ma il saper navigare nei mercati, cogliendo opzioni, mettendo a frutto esperienze nella coltivazione e nelle scelte dei vitigni, così come nei terreni da adibire a vigneto, non permette facili equazioni. "I segnali provenienti da mezzo mondo dicono che nel nostro settore è indispensabile mettere a terra innovazione e tradizione. Dobbiamo tutelare sempre più la qualità, le caratteristiche morfologiche della nostra Gallura, quel filo che unisce genuinità e amore per un prodotto, il vino, che va protetto e promosso adeguatamente". Amministratore delegato di Vigne Surrau, già assessore regionale all'Agricoltura negli anni Novanta, la solida passione per il costruire certezze economiche e di sviluppo nel sangue. Con la famiglia da decenni, di padre in figlio, è autore di un percorso di crescita nei settori dell'edilizia, del termo-condizionamento, delle costruzione e dell'immobiliare. Di pari passo, l'imprenditore che a un chilometro da Arzachena sulla strada per Porto Cervo ha varato una Wine boutique senza eguali, è attento ai settori della transizione energetica e alla fonti rinnovabili e alternative. Terra, passione, mestiere. Punto e a capo: Tino Demuro racconta di una regione che ha urgente bisogno di essere rivisitata. "E non mi riferisco solo al comparto agricolo, tantomeno a quello vitivinicolo. I mercati dicono che c'è da riprogrammare da cima a fondo. Si deve gestire e scegliere il da farsi. Occorre coinvolgere e condividere idee e sviluppo con cittadini, imprese, enti pubblici e privati, forze politiche e sindacali, associazioni di categoria. Il tutto con il giusto tempismo".

La Giunta guidata da Alessandra Todde è in grado di ridare slancio alla Regione?

Sì. La presidente ha le idee chiare, non è condizionabile, vanta esperienze di management internazionale che le torneranno molto utili. Adesso, la campagna elettorale è finita, c'è da amministrare, da studiare e decidere. Ha costruito una buona squadra, sono fiducioso.

Stiamo all'agricoltura. Ha già sentito l'assessore Gianfranco Satta?

Sì, ci ho parlato di recente, anche in occasione del Vinitaly. Conosce le tematiche, le stesse che ho affrontato, anche se sommariamente, con la presidente. Certo, dovremo rivederci. Ma, ripeto, mi pare che questo esecutivo possa dare nuovi impulsi all'economia sarda.

La luna di miele della Giunta con l'isola giunge normalmente al capolinea. Qual è il suggerimento per la presidente Todde?

Abbia il buon senso, la propositività e il coraggio del ruolo. Si faccia consigliare al meglio sulle specificità, agisca con fermezza, non tema di urtare la suscettibilità di chicchessia. Comunque faccia, qualcuno con il ditino per aria ci sarà sempre.

Torniamo al settore dei vini. Quali sono le sensazioni?

Intanto, si registra, anche su scale diverse, un'accresciuta competitività. La Sardegna è terra di vini speciali, vitigni e colture da accompagnare. Adesso, si deve programmare in che modo, dove, chi e quando. Questo è quel che emerge dagli operatori e dalle fiere. Una scelta intelligente darà opportunità diffuse e remunerative. Indispensabili per supportare la crescita, l'esportazione e la promozione dei nostri prodotti.

Sulla stagione turistica ormai alle porte, come la vede?

Ne ho viste tante ma sono ottimista. La Sardegna è meta privilegiata e prediletta assieme, sia dai nostri connazionali, sia dagli stranieri. Facciamoci trovare pronti e penso ai trasporti così come all'accoglienza, alla ricettività alberghiera e all'enogastronomia. Anche qui, una guida sicura, sul pezzo, competente, motivata e preparata, è buona parte della risposta.

Tino Demuro, da Gianfranco Satta a Franco Cuccureddu, neo assessore regionale turismo. Qual è l'impressione?

Parliamo di ragazzi che politicamente sono nati con noi. Hanno carpito il dna di una politica del fare, vicina alle persone, rispettosa delle peculiarità locali, determinata nel mettere a terra progetti e opportunità di intrapresa, lavoro e sviluppo. C'è da lavorare e recuperare il tanto, troppo, terreno perduto. Loro possono farcela.

Se dà uno sguardo al sistema Italia, c'é qualcosa che la preoccupa?

Sì, il dilagante affarismo che mi sembra sia centrale e dirimente nella politica attuale. Spero di sbagliarmi. 

Giovedì, 25 Aprile 2024 14:26

Cagliari, a Genova senza timore

Ranieri perde Luvumbo e ritrova Nandez. Con i liguri lo scatto decisivo ma guai a prenderli sottogamba. Rialeggia la questione stadio, servono denari. Meglio se della proprietà

Mario Frongia

Il momento di essere uomini o caporali. Il Cagliari che lunedì chiude la trentaquattresima giornata a Marassi con il Genoa, se possibile, deve avere più testa e coscienza di quanto possano valere tutti i punti in palio per l’approdo alla zona salvezza. Domani il Frosinone (28 punti) riceve la Salernitana (15), sabato il Lecce (35) è in casa con il Monza e la Lazio ospita il Verona (31). Domenica l’Udinese (28) va a Bologna, l’Atalanta ospita l’Empoli (31) mentre il Sassuolo (26) gioca a Firenze. Data per quasi spacciata la Salernitana (15) e quasi fuori dalla bagarre salvezza il Lecce, per il resto c’è da essere più pratici e attenti di come si è visto nelle ultime gare. Ad esempio, il primo tempo con la Juve, forse il più tonico e piacevole dell’era dell’allenatore del miracolo risalita in A, per scansare un Genoa che tutto farà meno che regalare il match, potrebbe non bastare. I rossoblù sono a quota 32, i liguri di Gilardino sono salvi da un pezzo. Ma è difficile che, anche se Ranieri e i suoi possono ragionare su quel che è accaduto alle altre, al Ferraris stendano un tappeto rosso. Sarebbe folle solo pensarlo. La partita vale un mattone decisivo per non perdere la categoria. E su questo batte Sir Claudio. A Genova senza Luvumbo, squalificato, ma con Nandez - che difficilmente rimarrà potendo salutare a costo zero e andare dove gli pare (Roma e Napoli?) - in rientro, si deve cercare il risultato un minuto dopo l’altro. Con Petagna che pare possa riaggregarsi al gruppo, Il tecnico di Testaccio sa di non poter sbagliare.

Stadio, come e perché. Dossena e soci alzano l’asticella mentre la proprietà, senza contraddittorio, da Milano pre-Inter ha sventolato il drappo stadio. In settimana i vertici del club dovrebbero incontrare il ministro Abodi per fare il punto sul futuro impianto dedicato a Gigi Riva. Ma pare che il tutto sia capitato per uno strano caso del destino. Capire che senza denari propri sia complicato fare anche uno sgabuzzino è notizia vecchia. Ma stadio o meno, con o senza il business prospettato con l’albergo stellato e i quattromila metri quadri di centro benessere, il ragionamento pare doversi per forza ampliare. Per puro buon senso, regole della trasparenza, del dibattito pubblico e della politica, visione e futuro del capoluogo di regione, coraggio e trasparenza per le decine di migliaia di cagliaritani in zona e per tutti gli sportivi sardi. Senza scordare i residenti che aspettano servizi, decoro, abitazioni. Demagogia? Sì, se chi la chiama in causa ha la schiena al coperto. Dura, vecchia e sofferente realtà per quanti sanno, vivono e conoscono la realtà delll’area che va dal porto a Marina piccola. Tra l’altro, proprio a pochi passi dal futuro impianto, Su Siccu e il quartiere di Sant’Elia, necessitano ben prima della scadenza del 2032 degli Europei all’Italia e alla Turchia, di un poderoso restyling. Una questione di civiltà che viene prima del calcio. Anche perché se è vero che lo stadio - per forza innovativo, polivalente e in grado di autosostenersi per dodici mesi l’anno - è doveroso per Cagliari e l’intera regione, è altrettanto vero che il patron rossoblù, anziché lamentarsi della burocrazia e dei costi dei progetti - pensa un po’ che novità! - può mettere mano al portafogli e procedere. Ma i fatti dicono altro. Nel frattempo, ci sarebbe da capire, come segnalato dal Corpo forestale la scorsa estate, la questione dei 23 milioni di euro di bonifiche per inquinamento da effettuare a Macchiareddu. Ma questa è un’altra pessima storia.

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